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osì pregati siano gli Iddii. E noi ci abbiamo a confortare perchè voi assai agevolmente possiate intendere, e io dica aperto e chiaro ciò ch’io penso delle questioni messe avanti.

Secondo mio avviso si ha a distinguere primieramente queste cose: che è quello che sempre è, e non ha generazione; e che è quello che si genera, e mai non è. L’uno, è ciò che si comprende per intelletto e ragione, siccome quello che è eternamente a un modo; l’altro, per lo contrario, è ciò ch’è opinabile per opinione ed irrazionale senso, generandosi esso e perendo sì, che mai non è veramente. Tutto quello poi che si genera, è necessità che generato sia da alcuna cagione; senza quella non potendo cosa alcuna venire a generazione. E quando l’artefice di qualsivoglia opera vagheggia quello che è medesimo eternalmente, e giovandosene così come di esempio, l’idea e virtù di quello reca ad atto, necessità è che faccia cosa bellissima; per lo contrario, non bella, se in alcuna generata cosa egli guarda, e di generato esempio si giova.
Intorno all’intero cielo o mondo, e, se mai voglia alcun altro nome, se gli dia pure, è da considerare presentemente ciò, che in principio è da considerare intorno a ogni cosa: cioè, se fu sempre, senza incominciamento veruno di generazione; o se fu generato, incominciando da alcuno principio. Fu generato: imperocchè egli si può vedere, e si può toccare, e ha corpo; e queste cotali cose sono sensibili; le cose sensibili poi, che si