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XIX.

Socrate. E ti maravigli, dicendo cosí, che i ragionamenti non ti stian fermi, ma si muovano; e n’accagioni me e chiami me Dedalo? ma sei tu, che, piú ingegnoso di Dedalo, gli fai fare le giravolte. Oh! non ti se tu accorto che il nostro discorso a furia di girare là è tornato di dove si fu mosso? Ti ricordi che a principio il santo e ciò ch’è caro agl’Iddii non ci parvero medesimi, ma diversi? O non te ne ricordi?

Eutifrone. Sí!

Socrate. E or vedi; non ti contraddici a dir: santo è ciò ch’è caro agl’Iddii ossia ciò che amato è dagl’Iddii, ch’è il medesimo: o no?

Eutifrone. Vero.

Socrate. Dunque delle due cose è l’una, non se n’esce: o si sbagliava allora, o si sbaglia ora.

Eutifrone. Pare cosí.

XX.

Socrate. Dunque s’ha a veder da capo che è il santo, che insino a tanto che non l’avrò imparato, io ti starò ai panni. Ma non mi sprezzare: mettici stavolta tutta l’attenzione e mi di’ proprio il vero; che se è al mondo uomo dotto, sei tu; e come Proteo non convien ti lasci scappare, insino a che tu non parli. Se tu non conosc