Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/184

XIII.

Socrate. Quello poi ch’è amato dagl’Iddii, per questo che si ama è amato, e non perchè amato si ama.

Eutifrone. Dici vero.

Socrate. Ora, mio caro Eutifrone, se fossero tutt’uno l’amato dagl’Iddii e il santo, ne seguirebbe che se il santo si ama perchè santo, anche l’amato dagl’Iddii si amerebbe perchè amato; ne seguiterebbe che se l’amato dagl’Iddii è amato perche s’ama, anche il santo, perchè s’ama sarebbe santo. Ma tu vedi che si comportano essi da contrarii, perchè diversi in tutto. E davvero, l’uno perchè s’ama, per questo è amabile; l’altro perchè è amabile, per questo si ama. E mi pare, o Eutifrone, che avendoti io dimandato che è il santo, tu non mi voglia manifestare la essenza sua, ma dirmene solo qualche accidente, come, per esempio, quello d’essere amato da tutti gl’Iddii; ma quel che sia il santo in sè, non me l’hai detto fino a ora. Di grazia, non me lo nascondere, e dimmi daccapo che cosa è il santo, o che sia amato dagl’Iddii, o che patisca alcun altro accidente; che su questo non vogliam disputare. Via, lesto, il santo che è, e che è l’empio?

Eutifrone. Ma, Socrate, non ti so dir neppur io quel che penso. Ogni proposizione ci fa la giravolta e non vuol stare dove la si mette.

Socrate. Codesto, o Eutifrone, va per quella buon