Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/180

X.

Socrate. Caro Eutifrone, insegnami, via, acciocchè io impari, che prova hai tu che tutti gl’Iddii giudichino iniqua la morte di quel tale, che, mentre stava a opra, uccide un servo, e, incatenato dal padrone dell’ucciso, muore dalle catene prima che il padrone ricevesse l’imbasciata degli Esegeti su quel che s’avea a fare; e che per un tale uomo sta bene che il figliolo accusi d’omicidio il padre suo e lo perseguiti. Via, la prima cosa, mostrami chiaro che tutti gl’Iddii codesta azione tua la giudicano pietosa; se me lo mostrerai, non rifinirò mai di lodare la tua sapienza.

Eutifrone. Eh, non è faccenda di poco; perchè a te, Socrate mio, avrei a parlare con parole chiare molto.

Socrate. Intendo: a te pare ch’io abbia testa piú dura che non i giudici; perchè a loro, non vi ha dubbio, tu mostrerai che ciò che ha fatto tuo padre è ingiusto e che gl’Iddii l’hanno in odio.

Eutifrone. Chiaro come questa luce di sole, se mi stanno a udire.

XI.

Socrate. Eh! Ti staranno a udire, se parrà loro che tu dica bene. Ma guarda, mentre che parlavi mi venne un pensiero; ho detto fra me: «Se pure Eutif