Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/18

non ci è, vecchio -. Ed egli, ciò udendo, disse: - Come di’ tu questo? - Rispose: - Tutti siete giovani dell’anima, imperocchè in essa non avete serbato niuna vecchia opinione di tradizione antica, e niuna dottrina canuta per il tempo. La cagione di ciò è questa: ei ci furono e saranno molti e diversi sterminii di uomini, grandissimi quelli per fuoco e acqua, da meno quelli per le altre innumerabili cose. E veramente quello che si dice appresso voi, Fetonte, figliuolo del Sole, una volta aggiogato i cavalli al carro del padre, e montatovi su, non sapendo carreggiare la strada, avere arso ogni cosa sopra la terra, morendo egli di folgore; questo a forma di favola; il vero poi è lo dichinamento degli astri che si rivolvono per lo cielo attorno alla terra, e lo incendimento di tutte le cose sopra la terra per molto fuoco. Più allora periscono quelli che abitano in su le montagne e in alti luoghi aridi, che non quelli appresso al mare od ai fiumi; ma noi, il Nilo che bene è salvatore nelle altre distrette, campa ancora di questa, sciogliendosi dalle ripe e inondando. E allora che diluviano la terra gli Iddii, si salvano quelli di su le montagne, i bifolchi e i pastori; là dove gli abitatori delle vostre terre portati sono dai fiumi dentro del mare: ma in questa contrada nè allora, nè le altre volte, mai da su non ruina l’acqua nella campagna; per lo contrario, di giù levasi ella naturalmente, e sì allaga. E però si dice che serbate sono qua le memorie delle antichissime cose, da poi che sempre, alle volte più e alle volte meno, è umana semenza in tutt’i luoghi de’