Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/172

non è empietà un figliuolo perseguitare il padre? - non conoscendo li sciocchi che cosa è secondo religione il santo, che cosa è l’empio.

Socrate. Per Giove, credi tu, Eutifrone, saperne tanto di religione e di ciò ch’è santo ed empio, che, se la è come tu di’, non ti batte il core al dubbio aver a fare un’empietà accusando tuo padre?

Eutifrone. Ma no! altrimenti in che m’avvantaggerei io? in che Eutifrone si segnalerebbe fra gli altri, se non le avessi io cosí in su le punte delle dita codeste bagattelluzze?

V.

Socrate. Uh! fortunato me dunque se m’accerti per scolaro, o uomo meraviglioso: mi abboccherei con Melito, avanti ch’ei si faccia palesemente a sostenere la sua accusa, e gli direi ch’io per lo passato ho studiato in religione quanto poteva, e che ora, avendomi egli rimproverato che io fabbrico Iddii di mi testa, mi son fatto tuo scolaro. - Eh! delle due cose è l’una, o Melito; non si scappa, - gli direi io: - o mi concedi che Eutifrone in queste faccende è bravo di molto e pensa diritto, e allora fa la medesima reputazione di me, e lasciami; o no, e allora pela la faccia al maestro prima che allo scolaro, a lui che ti guasta i vecchi, me e suo padre: me con insegnamenti storti, suo padre con correzioni e con castighi a sproposito -. E se mi fa il sordo e non ismet