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Solone, de’ sette il piú savio. Egli era tutto della casa di Dropido, il nostro proavolo, e assai suo dimestico, come dice spesse volte ne’ suoi canti ei medesimo. Ed egli disse a Crizia, l’avolo nostro, come ci contò di poi quel buon vecchio, che grandi e molto mirabili furon le antiche opere della nostra città, oscurate per il tempo e per la morte subitanea degli uomini; e fra tutte una è piú grande, della quale ci conviene oggi fare memoria, e per render grazie a te, e insieme, quasi inneggiando noi alla Dea nella solennità sua, celebrare lei con degne e veraci laudi.

Socrate . Tu di’ bene; ma qual’è cotesta opera non mentovata e nientemeno fatta dalla nostra città anticamente, secondo che raccontò Solone?

III.

Crizia . Io dirò quest’antica istoria, che io udii da uomo non giovine; perchè allora Crizia, come disse ei medesimo, era già presso a novant’anni, ed io in su i dieci. Egli era il dí terzo delle feste della Furbizia,