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XLII.
Presentemente si convien bene favellare dell’opposto, cioè del modo di curare e salvare il corpo e la mente; imperocchè più giusta cosa è ragionar de’ beni, che de’ mali. Ecco, tutto ciò ch’è buono, è bello; ciò ch’è bello, non è privato di misura; dunque buono è l’animale se è misurato. In fatto di commisuranze sentendo noi solamente le piccole, noi facciamo di quelle ragione, e alle principalissime e grandissime non volgiamo la mente. Imperocchè in rispetto a sanità e a morbi, a virtù e a vizii niuna commisuranza e dismisuranza è maggiore, che quella dell’istessa anima inverso all’istesso corpo. Alle quali cose non badiamo noi, e non intendiamo neanco che allora che infralito e piccolo corpo porti possente e per ogni rispetto grande anima, o allora ch’è il contrario, non è bello l’animale, perocchè della maggiore delle commisuranze egli è privato; se questo non è, egli è, a chi ha occhi, di tutti gli spettacoli il più dilettoso a vedere e più bello. Come un corpo il quale abbia slungate gambe o alcun altro soperchio, oltre a esser non consentevole seco medesimo, brutto, sopportando nella comunion delle fatiche delle membra molte stracchezze ed ispasimi, e per lo barcollare cascando molte volte, esso è cagione a sè medesimo d’innumerabili mali; così simigliantemente è a giudicare dell’anima e corpo, congiunti insieme, che è quello che noi diciamo animale: cioè, che