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vii

dialettica, ch’è il metodo razionale che si può dire il più perfetto, ma non già per quella specie di arte meccanica nella quale i sofisti riponevano l’eloquenza. Sebbene la dottrina di Platone si svolgesse nella sua mente tutta da un punto centrale, e voglio dire, o piuttosto ripetere, confortato dall’autorità di un nome, quello del Vera, che sotto alcuni riguardi la dottrina così universale di Aristotile è meno un sistema che quella di Platone e che questa sia tutta legata nelle varie sue parti, pure i suoi dialoghi hanno più o meno un argomento o scopo particolare rinchiuso in certi confini. Non così questo Fedro, al quale gli scrittori posteriori son quelli che hanno apposto il secondo titolo, come hanno fatto agli altri.

Tutti gli scrittori che vogliono mostrarti in Platone non solamente il filosofo ma l’artista, citano principalmente le bellezze di questo dialogo dove la descrizione della scena è fatta in modo da maestro, quando i due interlocutori si fanno a scegliere il luogo più accomodato a riposar bene, riguardati dal caldo grande della stagione. Nulla più ricreante più fresco più poetico di quella scena dove ti vengono delineate con due tratti l’erba, il fiume, i platani le statue delle ninfe che dovevano udire un colloquio così bello intorno alla vita primitiva alla vita futura, e così belle allegorie e leggende sull’amore terrestre e celeste; nulla più maraviglioso che udir parlare una filosofia così lieta e sorridente, incoronata di fiori, vicino alle dolci e chiare acque del piccolo fiume consacrato alle ninfe e alle muse.