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Di tutti i cari giovani che entrano a ragionare nei dialoghi di Platone e che tu ritrovi da per tutto, e nelle palestre e sotto i portici e nelle case e sulla piazza, carissimo è questo Fedro ateniese il quale dà il suo nome al dialogo. È una di quelle persone del dramma risplendenti di gioventù e di bellezza che parlano, domandano, rispondono a Socrate, è la più bella forse di quelle persone, se tu ne togli Alcibiade, innamorate del sapere, desiderose della scienza e che ardono nel desiderio di conquistare il potere la gloria il comando.

Questo dialogo, che venne chiamato ancora con altro nome — del bello — , fu creduto dalla più parte de’ critici la prima, o una delle prime opere di Platone, cioè scritta innanzi la morte di Socrate. E furon mossi a creder ciò, com’essi dicono, principalmente per due ragioni: prima, perchè nel dialogo apparisce più scolpitamente una certa mescolanza di filosofia delle varie scuole ionica, italica, eleatica, e poi perchè crederono di vedere in esso la mente del filosofo, come più giovine, più dominata dalla immaginazione: ragioni che sono pur vere, ma che non sono straniere agli altri dialoghi e a tutta quanta la filosofia platonica. Ad ogni modo, seguitando le ragioni l’ordine dello Schleiermacher e del Bekker, può andare