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60 CANTI POPOLARI


piaga è cocente, ed il balsamo che la lenisca non è facile a trovarlo: si medica il morso del leone, si distrugge il veleno della vipera, ma morso di donna per medicina, per virtù d’arte non risana. In sulle prime egli sembra quasi pentito della sua risoluzione, e giorno e notte piange, con quanto affetto vegga ognuno, la perdita non inattesa sì, ma pur dolorosa, che ha fatto. Tuttavia ripensando all’onta, non sa darsene pace, ed impreca, e maledice a quell’essere che gli dà l’inferno in vivenza. E da qui nuovo argomento di osservare l'indole, indomita e nobilmente fiera del Siciliano, forte quanto nell’amore altrettanto nell’odio. La lode, testè profusa a piene mani, si cangia tostamente in biasimo; l’inno si converte in satira; l'osanna tramutasi in crucifige. Le serenate si rinnovano, ma il loro tema non è più l’amore; i frizzi e le ironie vengono a pigliarne il posto. "Dove sono andate, chiede l’uomo alla donna, le tue promesse, dove l’incomparabile affetto che mi dimostravi? Ah! che tutto era simulazione, tutto apparenze! Tu eri fuoco e diventasti ghiaccio, e ti dèsti a divedere qual sei infida e crudele. Quand’eri bianca e bionda io ti baciavo, ed eri tenera e dolce; ora sei nera come pece, amara più che l'aloe, che una volta ingoiai per amor tuo. Se un dì ti chiesi la mano, io mi argomentavo di dover recare onore al tuo casato; tu credesti d’averti a procurare non più un contadino che un barone, e gettasti lo scherno su me, che tante volte ebbi a dissetarmi nella tua fontana, oggi abbeveratoio di gente d’ogni razza. Ben io lo tenni il mestolo di codesto tuo pentolino, ben io ebbi le chiavi