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52 CANTI POPOLARI


abbassi e gli permetta una parola sola; ma poichè nessuno risponde a tante querimonie, e’ se ne cruccia per la sua libertà, la quale vorrebbe oggimai vendere in Barberia, piuttosto che lasciar da una donna così crudele malmenata. Fuoco di paglia son però questi crucci, perchè ritornando egli in se stesso ben si persuade che per onesti riguardi non può pretendere che ella apertamente lo ami, anzi le raccomanda circospezione, affinchè occhio profano non penetri il loro interno:

  Quannu passu di ccà, siati onesta,
Pri nun diri li genti ca nn’amamu;
Tu cali l'occhi, io calu la testa,
Chistu è lu signu ca nni salutamu1.

Nè conviene andare più in là di queste segrete intelligenze, perchè gli occhi del vicinato, che pensatamente il proverbio chiama serpente2, venendo a cadere su loro, li farebbero segno all’altrui vigilanza.

Ma se questa reciproca intelligenza non c’è, allora è inutile che questo amante si sforzi di richiamar l’attenzione della ragazza che egli adora: ella nol curerà più che tanto, o se il degnerà d’uno sguardo, e’ sarà un raffaccio a questo sconsigliato, che vuol trarla alla rete sotto le mentite vesti di povero pescatore:

  Vui chi viniti cu cimeddi3 e riti,
 Vurria sapiri, chi pisci pigghiati?

  1. Quando passi di qui, passaci onesta,
    Che la gente non dica che ci amiamo,
    Tu abbassi il capo, e io abbasso la testa,
    E noi due di buon cuor ci salutiamo. Risp. tosc.
  2. Lu vicinu è sirpenti, si nun ti vidi ti senti.
  3. Cimedda, canna da pescare.