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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI | 43 |
L’omu è lu pisci chi ’ntra riti ’ncappa.
Su’ pueta, su’ scioti li to’ gruppa,
Io già sugnu pueta, e tu si rappa.
Quest’altro poi, dove parla la neve, è un indovinello:
Fimmina sugnu, e fimmina fu’ nata,
Fimmina fu dda matri chi mi fici,
’Ntra ’na bell’aria füi nutricata,
’Mmenzu Livanti, Punenti e Libbici...
Sono gl’indovinelli il passatempo del minuto popolo della città non meno che de’ campagnuoli, i quali, smessi i lavori del giorno, seduti a parca mensa, attorno al fuoco, consumano lunghe ore nella spiegazione di essi. Distintivi di questo genere di componimenti sono la massima concisione, il doppio senso, e spesso l’apparente oscenità: la quale, quando esiste, si traduce in un concetto semplicissimo e comune; onde chi propone l’ indovinello, ad allontanare qualunque sospetto di disonesto significato, si affretta a soggiungere:
Pri la Santa Nunziata:
Nun è cosa malacriata.
Ma negli indovinelli ordinari la chiusura è un’altra, ed è questa:
’Nnimina ’nniminagghia:
Cu' fa l’ovu ’ntra la pagghia?
quasi voglia avvertire il compagno di non aguzzar troppo l’ingegno, di non salire tanto sulle nuvole, perchè la cosa è così facile a indovinarsi come a sapere chi faccia l’uovo tra la paglia.