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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 29


trano delle generalità vaghe, che poi hanno un’applicazione in quel che segue. Accade spesso che dopo d’essere stati in sospensione pe’ primi sette versi, l’ultimo esca fuori con un concetto nuovo, inatteso e bizzarro. Ne’ canti d’amore, più che in qualunque altro genere di canti, s’incontra con molta facilità la ripetizione della prima parola con la quale il canto medesimo si incomincia. Consonanza ed assonanza cangiano qualche volta al quinto verso, e anche dopo l'accuminzagghia1 per dar luogo a nuova rima, a nuova assonanza. Ho potuto osservare ne’ canti alimenesi, che quelli di sei versi prevalgono sui canti di otto; l’avvicendarsi delle rime non sempre aver luogo: il primo verso accordarsi col quarto, il secondo col terzo. Pure tutte queste varietà non sono per me altro che irregolarità, perchè la vera canzuna siciliana ha otto versi, ed il popolo stesso lo conferma quando d’un discorso mal riferito o che non persuada abbastanza dice: La canzuna havi ad aviri li so’ pedi. Il mutamento di rima, i sei invece degli otto versi sono libertà individuali di chi canta, o amalgami di due o più canti. In molti rispetti di Castelbuono la chiusura è in un curioso ritornello:

  Chista la cantu in aria di linusa:
La mamma è vecchia, e la figghia è tignusa;

che varia anche in alcuni luoghi di Calabria:

  ’Esta canzuna è detta all’aranciara:
Bella, che non vedrò cchiù in sti mura!

  1. Accominciaglia per incominciamento di verso lo disse anche Pier della Vigna.