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552. Giá chi Vòscenza la pigghia a diìizia 1 Siddu su’ giusti li palori mei; Chi senza aviri nudda ’nnimicizia Mi vannu ’ncontra sti sbirri Zangrei 2 Lu Jùdici, ch’è capu di milizia Disidirusu di pezzi di sei 3, \. La fa comu Pilatu lá giustizia, Ga eunnanna a li giusti e no a li rei 4. (Bagheria). •X- 553. Semu a lu ’nfernu tutti pri li ’ntressi, Pri campari a stu munnu chiatti e grassi. Avia cincu grana ca li persi, L’haju affannati! ’ntra sti tempi scarsi. piccaturi, cu cu’ ti cunfessi Ca ossa spurpati pri carni mi passi? 5. (Salaparuta). 1 Un povero andò a comprar della carne e gli si diede ossa per carne; ond’egli così motteggiò il beccaio. Quando fu improvvisato questo canto lá carne non andava certo da due a tre lire il chilogrammo: con cinque grana, cioè con 10 centesimi,- il povero doveva prenderne tanta da saziarsi; cosa per altro ovvia quando per pochi tari si censiva un feudo. 2 Sottintendi: veda. 3 Zanclei, Messinesi. 4 Pezzu di sei, moneta in argento dei passati governi di Sicilia, equivalente a Jire 2 cent. 55. Intendi che il giudice è venale, e vende la giustizia. 5 Un poeta campagnuolo di Bagheria invitato un giorno dal gir- ■ dice del Comune, che era un messinese, ad improvvisare alcuna poesia a non so qual principe colá giunto di fresco, sfogò con questo canto tutta la sua bile contro del giudice medesimo, che nel paese iacea la giustizia a modo suo, e che pur avealo molestato per ra- gion di criminale.
