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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 9


da far sentire alcuna volta un’aura della vita vergine e vigorosa de’ tempi primitivi. E ben se lo sa il contadino, che rompe il placido silenzio delle nostre campagne cantando:

  Cu’ voli puisia veglia ’n Sicilia,
Ca porta la bannera di vittoria,
Canti e canzuni nn’ havi centu milia.

Imperciocchè, se v’ è una terra in Italia dove il canto sia una cosa stessa co’ bisogni degli uomini, dove tutto parli di poesia, dove la copia delle immagini risponda sempre alla copia inarrivabile de’ componimenti; questa è per fermo la Sicilia, con le sue greche tradizioni di Dafni culla una volta di poesia popolare a tutta la Grecia. Nè m’illudo affermando questo, nè m’argomento d’alimentare ne’ miei conterranei una vanità che credo la più stolida iattanza. Qui il canto viene su con noi, a noi si accompagna dalla culla alla bara, e se ci abbandona nell’ora sollenne del matrimonio, diversamente da quello che fa con gli Albanesi di Sicilia e di Calabria nei vari momenti nuziali, ciò non significa già che il canto non venga a rallegrare le nozze popolane, ma bensì che veri e propri canti nuziali non si conoscano tra noi 1.

Nè solo il giovane, cui ogni cosa parli d’amore, canta; ma canta altresì il fanciullo che si trastulla co’ suoi balocchi; canta la madre cullando il dolce frutto delle

  1. Quest’affermazione venne modificata dalla scoperta di canti nuziali in un piccolo comune della provincia di Messina, da me pubblicati negli Usi e Costumi, Credenze e Pregiudizi del popolo siciliano, vol. II, p. 88 e seguenti. (Nota della presente edizione).