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6 CANTI POPOLARI


mai un’avanzata civiltà, rimane tale un soffio di sentimento che, quantunque informe e negletta, sempre viva e abbondante ne sgorga la poesia; il che, siccome è facile vedere, accade nel cominciamento d’ogni civiltà; quando cioè i popoli son tuttavia giovani, e la loro potenza poetica non è decresciuta col progresso loro.

Se fosse mio proposito lo studio della poesia popolare presso le antiche nazioni, giustificherebbero quel che dico tutti i libri primitivi, intarsiati, o meglio intessuti con frammenti di canti religiosi e civili. E mi darebbero ragione le poesie che i rapsodi cantavano in Grecia, onde l'opera del divino Omero, che attingendo alle tradizioni contemporanee, tramandava ai più tardi nepoti leggi, costumi, credenze; e le ispirate poesie del popolo ebreo, onde i sublimi canti della Bibbia; e i Veda dell’India, e i canti degli Arvali, e gli Edda dell’antica razza scandinava. Ma a tutto questo non ho rivolto il mio intendimento, che fu già d’altri ingegni.

Io invece parto dal principio che ogni genere di poesia popolare debba andar preso quale rivelazione del sentimento speciale dell’individuo del popolo da una parte, e dall’altra, dell’incivilimento dello individuo e del popolo che lo possiede. “I canti popolari, disse Herder, sono gli archivi del popolo, il tesoro della sua scienza, della sua religione, della teogonia e cosmogonia sua, della vita dei suoi padri, de’ fasti della sua storia; la espressione del suo cuore, l’immagine del suo interno, nella gioia e nel pianto, presso il letto della sposa e