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164 CANTI POPOLARI


“Rarissimi, scrive il Pasqualigo, sono ne’ canti vicentini le allusioni a fatti storici: reca certa maraviglia il vedere come le varie vicende delle quali Vicenza fu spettatrice, anche le meno lontane e più strepitose, non vi abbiano alcuna ricordanza; e se per avventura la si trova in qualcuna, non si sa bene decifrarne il senso, tanto sono oscure. Diversa in ciò l’Italia dalla Grecia, le cui canzoni spirano un ardente amore della terra nativa. In altre canzoni, dal nostro volgo chiamate Storie, e che non sono punto da confondersi colle fiabe prosastiche, chiaro si accenna a fatti spaventosi e truci di cavalieri erranti, di castelli incantati, e che so io... Queste storie fanno meditare e rabbrividire, sì cupe e luttuose esse sono ed avvolte in profondo mistero, fors’anco perchè non si conservano ornai più che lacere e a brani; sèntevisi il medio-evo, e forse non sono che reliquie di antichissimi canti dei trovatori e de’ menestrelli.... Queste canzoni son curiose per la loro veste, che sembra scostarsi alquanto dal dialetto per farsi più eletta avvicinandosi a quella delle toscane„1. Come degli altri, ecco pure di questi canti un esempio:

  No gh’è più bel vestir quanto ’l turchino,
Che se ghe veste anca l’onde del mare,
E se ghe veste ’l cavalier marino,
Con tuti quanti li suoi marinari.
  De verde se ghe veste la campagna,
De rosso e de turchin quel che vi ama;

  1. Canti popolari vicentini raccolti ed illustrati da Cristoforo Pasqualigo, p. 9. Napoli MDCCCLVI.