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162 CANTI POPOLARI


hanno simpatica popolarità, cantando di amori tanto infortunati quanto curiosi e pieni di avventure.

Tra’ canti vari, qualcuno satirico ce lo fa conoscere G. B. Bolza: tale è quello contro i calzolai; molti sacri, ma, al solito, roba più o meno di persone di lettere o non illetterate, tanto da lasciare il dialetto per rivestirsi della lingua nazionale, con la quale corrono abbellite molte sacre canzoni di tutta Italia. Le cos o cossett, graziosa denominazione di canti di vario genere, le vincono per innocenza ed ingenuità.

Tra i canti di Somma Lombarda e Varese pubblicati dall’Imbriani e dal Casetti, i quali meglio che non quelli editi dal Bolza danno un giusto concetto della poesia lirica popolare di Lombardia, vi sono delle vìllote contro i parrucchieri e i calzolari; una di esse è veramente fiera, come amabilissime e maliziose son quelle di amore. Ve ne hai tetrastiche con gli endecasillabi rimati a due a due, ovvero sciolti, nei primi due, dall’obbligo della rima, o con 1’ultimo verso ripetizione del primo. Non iscarse quelle da sei ad otto versi a rime baciate.

Se dal Piemonte e dalla Lombardia si va risalendo nel Veneto, soffermandosi in qualcuno de’ sette antichi comuni, qualche differenza si trova.

Ne’ cento canti veronesi pubblicati dal Righi, le villote, quartine endecasillabe non dissimili dagli stornelli della poesia pavana ossia de’ Padovani, non tutte parlano d’amore; e però a chi di canti amorosi sia oramai stufo, parranno nuove e curiose. Una fine satira, che la bella mette in campo contro la suocera e contro i