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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 159


E frutto altresì di letture è la forma studiata di certi rispetti, che non differiscono punto dalle ottave delle Lettere più o men lunghe de’ montanini, dove entrano in ballo Apollo, Elicona, le Muse. Gli stornelli conservano sempre la lor natia semplicità: ed il riferito di sopra, raccolto in Orbetello, mostra che essi non si discostano in nulla da’ nostri fiori. Le serenate o inserenate son de’ rispetti; i maggi dei maggiaiuoli, son dei canti amorosi o storici o sacri quando lirici, quando drammatici, vere rappresentazioni dei primi secoli d’incivilimento. D’altri componimenti non accade parlare.

Se i canti popolari toscani non avessero altro pregio che quello solo di una lingua schiettamente italiana, questo solo, in tanta colluvie di voci barbare e forestiere, basterebbe a renderli graditi anco a’ più schifiltosi di tradizioni popolari.

Più vibrato del canto popolare umbro e del piceno è il ligure, che non di stornelli ma di soli rispetti toscani ritiene la forma sdegnandone l’intercalare:

Sëtte bellesse a deve avëi ’na fija
Prima che bella si possa chiamare:
A deve esse’ bella e galantin-na,
Grasïusetta nel so’ raxunare,
Larga di s’palle, s’trëita di sentüra,
Quella si chiama bella di natüra:
E gli occhi neri colle biunde tresse:
Quelle si chiama le sette bellesse.

In un canto si esprime il desiderio che la donna sia per santità romana, veneziana per bellezza, milanese per maestà e per ricchezza genovese; e in altri, rino-