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XVI PREFAZIONE

vol. I delle mie Fiabe, Novelle e Racconti popolari siciliani e quella parte del Saggio di Grammatica del dialetto e delle parlate siciliane (p. CLXXXIV e seg.), che l'Ascoli stesso ebbe a lodare1 ed il Wentrup usufruì con larghezza e libertà soverchia2.

Dopo di aver passato metá della mia vita nello studio dei patrî dialetti, io credo di non dover ignorare la scrittura di questi; ma la scrittura o si fa pei glottologi, o si fa pei folkloristi; se pei glottologi, i testi non potranno esser letti dai più, e non gioveranno ai folkloristi; se pei folkloristi e pei lettori comuni, bisogna che sia, mutatis mutandis, qual’è. E poi, è così malagevole accordarsi su questa benedetta scrittura! In dieci anni che intendo alla stampa dell’Archivio delle tradizioni popolari, ho visto come da una correzione all’altra dei suoi testi dialettali la maggior parte degli scrittori muti sempre nelle bozze la propria grafia3.

  1. Archivio glottologico, II, 453-456.
  2. Beiträge zur Kenntniss des sicilianischen Dialectes, in Programm der Klosterschule Roszleben ecc. Halle, Druck der Buch- druckerei des Waisenhauses, 1880.
  3. Il 19 Marzo del 1889 trovandomi a conversare con due illustri romanisti, dotti entrambi ed onesti, esposi loro le difficoltà della trascrizione siciliana e certi dubbi in proposito. Quel che essi pensassero non è questo luogo opportuno a riferirlo; dirò solo che quando insistendosi da tutti e tre sulla utilità d’una trascrizione fonica, io li invitai a scrivermi, ciascuno per conto suo, le parole un jornu=un giorno, uno scrisse: u gnornu, l’altro: un ghiornu, ed io scrissi un jornu. Una grande ilarità seguì alla presentazione delle tre forme: prova evidente della incertezza, dalla quale ciascuno esce a modo suo. Non dico i nomi di quei due egregi per non parere di volermi far bello di nomi rispettabili a sostegno della mia trascrizione.