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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 143


Le quali non so a chi non debbano destar maraviglia con lo spirar che fanno amor patriottico più che non i canti insulari e di terraferma. Frequenti vi sono le rimembranze di battaglie e la nobile ambizione del cantore di prendervi parte, segnalarvisi e vincere; vi è ricordato un imperatore che decreta la partenza per la guerra, e la giovinetta che piange il marito morto in battaglia, e un Paolo Golemi, forse della famiglia di Arianite, caduto sul campo dei forti. Vi si dolora per la patria abbandonata, la bella Morea, ove genitori e fratelli stanno in pace sepolti. Vi si piange il dì che all’amata venne rapito dai Turchi un fratello perchè ne fosse fatto un giannizzero, e che anch’essa la donna sia stata presa da un turco, che le rubò un grembiale. Dai nomi di Moscovo, Corone e Napoli, rammentati in una canzone guerresca, si rileva che essa deve rapportarsi a fatti accaduti nel Peloponneso, donde sarebbero venute in parte non piccola le colonie di Sicilia come quelle di Calabria, che ricordano sempre i loro Coronei. La canzone della vecchiaia, pubblicata con altre parecchie da Demetrio Camarda, svela fatti e sentimenti di clefti. Un vecchio della montagna vorrebbe ringiovanire ogni anno come i monti e, giovane palicaro, prender la via dei boschi e rubare; nel suo paese scende, povero in canna, accattando per Dio; incontra l’amata e tanto si conturba che non sa come lodarla; ne riceve carezze e cortesie, ed entra a conversare, in quella che sopraggiunto, inatteso, il cavallo del signore di lei apprende la fine sciagurata del valoroso cavaliere.