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140 STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI


riserve e di raggiri di sentimento e di pensiero, di frase e di espressione. Ardito nelle figure, splendido nelle immagini, rapido ne’ movimenti, negli andamenti delicato e morbido, facile ne’ trapassi, e quando sublime ed energico, corre spigliato, libero signore della natura che gli si presenta, de’ tempi, de’ luoghi, de’ paesi più discosti e remoti; ed ora vola, ora s’arresta, ed ora si espande. Non ama a seguire un medesimo disegno, non un medesimo pensiero da cima a fondo: ne è impaziente; un tocco solo, di cui esso ha il segreto, gli basta perchè non vi ritorni sopra. A cagione delle sue forme ellittiche, de’ suoi adombramenti di pensiero, il canto non ha sempre un apparente legame tra ciò che precede e ciò che consegue, ma lo ha bene pel popolo, la cui immaginazione è lampo che abbaglia. E chi non si diletta poi de’ quadri graduati, gli uni più belli degli altri, e della nota progressione in numeri, in nomi, in dignità, in feste, in mesi, in giorni, in ore? Questo, verbigrazia, è pe’ giorni della settimana:

  Bedda, ca la duminica si’ Fata,
Lu luni si’ ’na Dia ti paradisu,
Lu marti siti ’n’Ancila calata,
Lu mercuri stralluci lu tò visu,
Lu jovi siti ’na lucenti spata,
Lu vènnari l’aneddu vi fu misu,
Lu sabbatu, ch’è l’urtima jurnata,
Cu’ si curca cu tia va ’n paradisu.

Altri già citati valgono pe’ numeri e per le dignità, nè importa riferirli. Tralascio anche qualche canto dalla forma dialogistica, dove ora l’uomo colla donna, ora