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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 127


non è l’Oriente di cui tutti parlano, e che pochi hanno veduto; nè vorrò io contraddire; ma quale sarà allora questa terra di poesia, di maraviglie, di miracoli, ove una stella che apparisce è tavola di naufragio, come fu guida nelle fortunose pellegrinazioni; ove un’aquila che al volo apre le sue ali di diamante tutto illumina l’occidente? Quale questa meta delle aspirazioni dell’ignoto cantore, d’onde parte, dove ritorna e si muove ogni più bella cosa? Quale questa terra che osa fermare nel suo corso il sole, espressione di un’idea altissima, prediletta, insita in noi e con noi, se non Costantinopoli, i cui naturali non hanno altro epiteto che quello di Greci- Levanti?1

L’essermi un po’ diffuso fin qua, non permette molte parole intorno ad altri accenni storici e geografici; mi contenterò di toccarli solamente.

È nota la bella memoria che lasciò di sè il Conte Ruggeri. Ora un canto ricorda e celebra questo principe, come colui che con tutto lo splendore e colla gran-

  1. Parrà strana questa qualificazione di levantino data al Greco, ma non è. Nel nostro dialetto, frequente è l’uso di due parole che significano la medesima cosa, o delle quali, l’uria superflua rafforza il senso dell’altra. Malatu, p. e., in che differisce da 'nfìrmu? Eppure allora è veramente malato l'uomo quando è malatu-’nfirmu. Non basta che Tizio abbia un figlio e una figlia; bisogna che, nel ricordarli a chi gliene parla, avverta, che ha ’na fìgghia fimmina e un ftgghiu màsculu. L’ arteria non è arteria se non si unisce alla parola vena, e però udrai spesso ripetere, che il tale morì per una ’murraggìa di sangu di la vina-arteria. Il greco-levante è anche detto così per distinguersi dal siculo-albanese, che si chiama grecu in Sicilia.