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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 121


ria sarà sempre dolorosa, invitano i Cristiani a custodire a lu Papa lu sò regnu:

  A Roma su’ li veri Cristiani,
’Ntra lu sò cori ddu siggillu tennu1
E di parrari sunnu tutti bravi:
 — Guardàmucci a lu Papa lu so regnu.
Viscuvi si junceru e Cardinali,
Ed ogni sacerdoti misi ’mpegnu;
L’assaltu cci hannu datu a li gran cani;
Crìju ca l’ajutau lu Patri Eternu2.

La Spagna, terra celebre per signoria, che più non ve n’ebbe al mondo, non isfugge all’attenzione del Siciliano, il quale meglio che ne’ canti la esalta nelle leggende. Queste ricordanze hanno un fondo storico, ed è inutile il richiamarlo alla mente di chi conosce il periodo del Governo spagnuolo, e lo splendore onde quella Corte avea cura di presentarsi al popolo, perspicace sì, ma pur sempre amico di certe apparenze, che non prende mai per ostentazione. Al medesimo periodo ed al medesimo Governo è anche da attribuire la schiera di nobili e di signori, che compariscono, entrano in azione senza mai morire o morir solo per

  1. , suo, per loro. Ddu siggillu, quel suggello, forse di S. Pietro.
  2. «Non potrebbe per avventura riferirsi al Sacco di Roma del 1527? Non furono allora offesi per mille guise vescovi e cardinali? Non si accenna nel sesto di que’ versi alle taglie, che anche molti di loro dovettero pagare per liberarsi dagli avidi aggressori? Il Datario Giberti e il Cardinale di Monte, che poi fu Giulio III, non furono più d’una volta condotti fin sotto le forche?» T. Landoni, in un articolo sulla precedente edizione di questo Studio critico, inserito nel Propugnatore di Bologna, anno I, pag. 495.