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116 CANTI POPOLARI


l’interdetto emanato dal Vescovo di Catania, ed altri ne fulminava in Sicilia; sicchè, dice il Di Blasi, “i capitoli e le collegiate abbandonavano i cori, le chiese eran chiuse, ed ognuno fuggiva la compagnia, temendo d’incorrere le censure ecclesiastiche o di soggiacere ai castighi dei ministri1:„

  Ciàncinu Regalbutu e Mulimenti,
Lu cannizzu nun civa a la tramoja,
Pri la fami gastimanu li genti,
Ervi e carduna sunu la sò gioja;
Arsi li terri, persi li simenti,
Pari ca cci passau Casa Savoja.
Senza crèsii, campani e sagramenti:
Megghiu lu Papa nni dassi a lu boja!

Se poi lasciamo questi brevi ricordi per andare in cerca di complete memorie, ne abbiamo abbondanti nelle Storie e nelle Leggende solite cantarsi o ripetersi dappertutto. Sentito è il canto funebre per Carlo II, uno dei pochi re di Sicilia rimasti vivi nell’affetto pel popolo; la Peste di Messina (1743), che tolse di vita oltre a 40 mila cittadini, è lì a condannare la iattanza di coloro che celebrando il Centenario della Madonna della Lettera, in compenso delle ingenti spese chiamarono numero stragrande di forestieri in quella città; importanti il Matrimonio di Federico III con Costanza d’Aragona, l’Eruzione dell’Etna del 1760, la Rivoluzione del 1672, i Tremuoti del 1693 e del 1783: e, nel

  1. Storia del Regno di Sicilia, vol. III, pag. 313. Palermo, Pensante editore 1864.