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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 109


distrusse e desolò. Uomini e donne a viva forza rapiti, campi e case incendiate, ogni cosa messa a ruba e a sacco: queste le nuove calamità che si aggiunsero alle antiche.

Per poche delle quali dolorano così frequentemente i canti insulari delle nostre città marittime (e in ciò si hanno il riscontro di molti di quelli del continente) quanto per quella delle escursioni barbaresche degli Africani: pochi mali essendosi tanto protratti. Non è questo luogo di determinare la data del più gran numero di siffatti canti; ma non senza fondamento si può affermare che se non ebbero origine qualche anno innanzi il 1534, non possono averla avuta dopo il 1577, in cui la pirateria, favoreggiata e a viso aperto aiutata dal cristianissimo re di Francia Francesco I, alleato di Solimano il magnifico, crebbe ed ingigantì spaventevolmente.

Ed a quel torno è da riferirsi il canto che i cittadini, còlti alla sprovvista da musulmane galere, eccita alla difesa dei patrii tetti: e se il luogo non ci è dato di conoscerlo, la grande popolarità del canto mostra che il caso è grave ed imminente il pericolo:

  All’armi! all’armi! la campana sona,
Li Turchi sunnu junti a la marina,
Cu’ havi scarpi rutti si li sola1;
Cà io mi li sulavi stamatina2.

  1. Intendi: chi ha rotte le scarpe, le risuoli per fuggire.
  2. Corre in gran parte d’Italia:
      All’erta, all’erta, che il tamburo suona:
    I Turchi sono armati alla marina;
    La povera Rosina è prigioniera. Storn. tosc.