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106 CANTI POPOLARI


bitanze di Roma, nè delle prodezze onde seppero dar mostra le armi siciliane nel Mediterraneo e nelle isole che vi son disseminate, nè dell’oligarchia de’ famosi Quattro Vicari del secolo XIV, cagione principale di civili discordie e di calamità d’ogni genere; nè della Regina Bianca, nè di nessuno de’ molti nobili suoi contemporanei, che con improntitudine non mai udita venivansi spacciando principi e grandi signori; non si fosse curato il popolo, uso a cantare delle piccolezze del giorno. Qualche fatto particolare, e direi quasi privato, ristretto cioè alla cerchia d’un comune, è facile a trovare se alle ricerche non sempre infruttuose dei raccoglitori nuove e non meno accurate volessero aggiungersene: com’è, per ragion d’esempio, il fatto de’ Due Banditi del bosco di Partinico, che un resto di leggenda1 così fa parlare:

  Semu circati comu li Francisi2
Comu lu svinturatu di Purcasi3
A sintenza di bannu semu misi,
Nni paghirrìanu a pisu d’ora, Brasi4

  1. Questa leggenda è ora pubblicata tutta nelle Leggende popolari siciliane in poesia raccolte ed annotate da Salvatore Salomone-Marino, n. V. Palermo, Pedone Lauriel edit. 1880. (Nota della pres. edizione).
  2. Da questo primo verso appare viva la memoria del Vespro; oggi nessuno si direbbe perseguitato come un francese; di persona però che si odia, si sentirà spesso ripetere: Cci haju lu gigghiu comu lu Francisi.
  3. Nulla sappiamo di questo Porcasi, che certamente dovett’essere vittima di persecuzioni baronali o poliziesche del tempo suo; il canto ne commisera la sorte.
  4. Brasi, Biagio, nome d’uno dei banditi.