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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 97


cezio, la capitale de’ Siculi, per la famosa pietra della poesia, l’Elicona del popolo, la quale, come si ritiene, va baciata da quanti sentan vaghezza di poetare; e Castelvetrano, celebre pei suoi vini, onde anche il Meli se ne sentì infiammato il petto e ricreato lo spirito1; Monreale pe’ suoi giardini; per gli ortaggi Partinico; per l’aria salubre e per l'acqua purissima Borgetto, suo non vecchio antagonista, E riuscirai a formarti un adeguato concetto de’ Montelepresi, i quali, non guardando alle contrade dirupose e impraticabili che hanno, menano tanto scalpore d’una lor torre quadrata, che essi dicono del millecinquecento; e di que’ di Valguarnera (paesetto quasi del tutto abbandonato), gente messa in canzone per grossolanità di cervello; e degli Alcamesi, curanti così poco la nettezza delle loro case, come la reputazione del nome: presso i quali non s’è per anco potuto dimenticare l’antico eletto di San Libertino: Gens iniqua, plebs rea, non videbis ossa mea; e de’ Catanesi da’ piedi arsi, che puzzano di zolfo e di fumo come gli antichi Ciclopi; e, se questa canzone di fattura probabilmente erudita non dispiace, anche dei Salemitani:

  Supra quattru timpuna di jissu2
Chistu è Salemi, pàssacci d’arrassu.
Sunnu nnimici di lu Crucifissu,
Ed amici d’Erodi e Caifassu;

  1. O Castedduvitranu, beni miu! Ciamma di lu miu cori, vita mia! A pinsàricci sulu m’arricriu Lu gran piaciri ch’eu provu di tia! (Sarudda, Ditirammu)
  2. 2 Timpuna, plur. di timpuni, zolla. Jissu, gesso.