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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 93

Cà li to’ corna sunnu longhi tanti,
Ca pri fina a lau celu sunnu junti,
E pri putìricci stari li santi,
Cci bisugnaru sirrari li punti.


La disgressione non è stata inutile nè capricciosa. Il nostro canzoniere non meno di venti canti consacra a’ becchi, senza contare i lubrici, che non son pochi: ed altri ed altri ne ha pe’ mestieri diversi degli uomini, tra’ quali non è risparmiato il calzolaio, il fornaio, il muratore.

La politica v’entra di straforo, ma pure entrandovi resterebbe a fermarsi il vero significato della satira politica secondo gl’intendimenti del popolo. Per esso ogni fatto politico che non lo eccita ad un inno, gli è argomento di satira; ma in questa satira, se tale vuol chiamarsi, esso non sagrifica alle Grazie, non compone a riso la bocca; fugge l’allegoria, schiva il doppio senso e l’ironico: è grave; animam in vulnere ponit; svela il fatto nella sua nudità, e passa innanzi, sdegnoso di calarsi a raccoglier tanto fango e depurarlo con morale filosofia. Fortemente penetrato de’ sentimenti di una libertà indefinita, non deride chi, a parer suo, la viola, ma lo esecra, lo infama, e arditamente lo perseguita. Reso fiero dallo eccesso della sua miseria, cerca e trova parole d’indignazione e di odio contro le persone che in ogni tempo e sotto qualunque reggimento hanno in mano la somma del Governo; contro le fazioni e le sètte, contro i proconsoli e i Giuda. E minaccia alludendo, e minacciando e dispettando si tace, colla speranza di un men tristo avvenire o colla