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88 CANTI POPOLARI


un fomite. All’aspetto esse ti parranno egregie massaie; alle opere, amare delusioni! Le tessitore, che mandano su e giù la loro spola, non sanno rattopparti i vestiti se ne metti una alla prova; le ricamatrici della Kalsa in Palermo, che sudano una settimana a ricamare un fiore, e che tutte fronzoli e piume, vogliono sgararla colla miglior dama quando vanno a messa, son così fuggi-fatica, che meglio starebbero in piazza a vender funicella:

  Oh quant’è bedda l’arraccamatura!
ca m’arraccama tutta la simana.
Mi Va a la missa comu ’na signura
Cu li capiddi a la napulitana.
’Nfìla l’agugghia, e cci stà quanta ’n’ ura,
A fari un ciuri cci stà ’na simana.
Va levati di ’mmenzu, lagnusuna1,
Va fa curina a tri mazza du’ grana.

Le crestaie sono tante civettuole, che per trovare un marito farebbero all’amore col primo rompicollo capiti loro tra’ piedi; le servette vogliono gareggiare di lusso con le padrone: e tutte, quale più quale meno, sono l’inferno del corpo, il purgatorio della borsa degli uomini, che fanno loro le spese: paradiso solo di coloro che se le godono.


VIII. Satira civile e politica. Gare municipali.


Tutte queste massime astiose, fisicose, piene di bile, non men che le altre, le quali istillano principî di so-

  1. Lagnusuna, poltrona, infingarda, fannullona.