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74 CANTI POPOLARI


qualunque sbaraglio intendano mettersi. Vera potenza, contro cui forza umana o astuzia di governi non son bastate! E guai a chi si faccia lecito di ribellarsi alla sua autorità o di apporre alla sua inappellabile sentenza! Egli sarà spacciato al primo scoppio d’una rivoluzione, la vera speranza lusinghiera, la vera tabula naufragii lungamente attesa, ferventemente pregata da quanti carcerati sono e saranno in Sicilia1.

Con siffatta istruzione egli è certo che uscendosi di carcere il cuore debba essere peggiore di prima; onde defraudate le speranze, frustrato lo scopo della legge, che intese a curare queste membra infette della società! Se un tempo sapeva far da semplice tagliaborse, quindi innanzi per l’esempio e pel consorzio di gente corrottissima, corrotto anche lui, il carcerato saprà menar bene le mani tra il più temuto branco di malfattori. Male adunque si avvisano coloro che ritengono il carcere luogo di pena; esso è scuola, introduzione, pronao, per dir così, del tempio del delitto; e se ne avvede lo stesso cantore allorchè sentenzia:

  Cu’ dici mali di la Vicaria,
Cci farrissi la facci feddi-feddi2;
Cu’ dici ca la càrzara castía,
Comu vi nni ’ngannati puvireddi!

  1. Questa sola speranza trattiene il condannato siciliano dallo scannarsi di propria mano. È noto che nelle grandi rivoluzioni le carceri sono le prime ad essere aperte: e ne' moti del 1820, 48, 60, tanti e tanti condannati a’ lavori forzati a vita sono usciti belli e liberi per opera dei loro consorti esterni. Lo stesso erasi per fare nel 1866.
  2. Farrissi, farei; feddi-feddi, a fette a fette: lo accoltellerei.