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che gli esperimenti in politica fatti da una nazione, del pari che le invenzioni e le scoperte sono di utile universale, non potendo rimanere inosservate ed infruttuose per gli altri popoli; epperò l’Italia va ammaestrandosi non solo con le proprie esperienze, ma ancora, con quelle de’ suoi vicini.
Gli stati europei navigano di conserva verso la stessa meta; il primo a giungervi determinerà la linea sulla quale gli altri verranno ad arringarsi.
La Francia, più che ogni altra moderna nazione, ha fatto numerose esperienze nelle varie forme del suo reggimento.
Gli italiani hanno visto, tremendo esempio, crescere i loro mali senza verun vantaggio. Un tale fatto e le nostre passate speranze sono cagioni abbastanza gravi a determinarci allo studio accurato delle conseguenze a cui potrebbero condurci le nostre istintive aspirazioni. A coloro che credono che la buona scelta degli individui o qualche piccolo cangiamento facesse fruttare in Italia felicità quelle stesse istituzioni cadute in Francia nel dispotismo, è inutile rispondere: io non scrivo per costoro, i quali se non sono ignorantissimi, sono indubbiamente in mala fede.
Nazionalità è una parola che all’iniziarsi i rivolgimenti del 48 corse di bocca in bocca, ed è tutt’ora per gli italiani di grandissima efficacia, ma sempre è stata malamente definita nè mai profondamente meditata.
La nazionalità è l’essere di una nazione. Un uomo che liberamente opera, liberamente vive, ed esprime i propri pensieri, possiede completamente il suo essere, ma se un ostacolo qualunque impedisce lo sviluppo delle sue facoltà, ne interdice la volontà, ne arresta i moti, l’essere più non esiste. Nella stessa guisa per esservi nazionalità bisogna che non frappongasi ostacolo