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esistere nel popolo, quindi Dio sparisce, Dio è il popolo. Se poi questa legge è differente da quelle di natura, sarà indispensabile un rivelatore, ma chi l’oserà? Ognuno al giorno d’oggi potrebbe dire: Italiani! ascoltatemi! io vi dirò le migliori leggi possibili, ma niuno avrà tanto ardire, o sarà così stolto d’aggiungervi: esse mi sono state rivelate da Dio!
La religione non è, come asseriscono alcuni, il desiderio, il bisogno di venire alla conoscenza dell’assoluto; la religione è un sentimento di debolezza che rendeci creatori ed adoratori di potenze sovrumane, e quando la ragione dimostra che queste forze non esistono, o almeno non impongono doveri, nè accordano premii, nè infliggono castighi, nè avvi mezzo come placarle, e renderle a noi propizie, la religione più non esiste. Dicono alcuni: il simbolo della nuova religione sarà l’umanità, la ragione, la libertà. Ma coteste idee non essendo nè mistiche, nè sovrumane, non hanno in sè alcun sentimento religioso. Ma, senza andarci ravvolgendo in inutile giro di parole, domandiamo a costoro se nella nuova società a cui eglino medesimi accennano vi potrà essere un’idea mistica che ne modifichi la costituzione ed i costumi degli uomini. La risposta non può essere che negativa, quindi la società rigenerata dovrà essere indubitatamente irreligiosa.
Chiamare religione e deismo l’aspirazione alla conoscenza dell’infinito è un’improprietà di linguaggio, è oscurare le nuove idee con voci antiche destinate ad esprimere tutt’altro sentimento. Non ammettere che queste aspirazioni, dichiarare ogni simbolo di Dio assurdo, negargli ogni ingerenza nella vita dell’uomo altro non è che irreligione, ateismo.
In tutte le religioni sino ad ora esistite la fede ha creduto alla certezza e verità obbiettiva della parte so-