Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/67


— 51 —

lavora che per sè; se distruggete la personalità distruggerete il prodotto. Pretendete forse con le vostre utopie cangiare le immutabili leggi di natura? Libertà a tutti e per tutti è la formola degli economisti, e quindi, osservate superficialmente le cose, eglino in questa lotta sembrano i propugnatori della libertà e del progresso. La libertà ridona la dignità all’operaio, vi dicono essi; noi non possiamo nè vogliamo lasciar da parte la sua volontà, altrimenti sarebbe ridurlo alla condizione del bruto che opera sotto l’impulso della sferza. Continuano, nè tralasciano di servirsi giustamente, ed abilmente del sarcasmo. I vostri sistemi, dicono ai riformatori, sono così complicati che solo il vostro grande ingegno che li ha concepiti può averne un’idea chiara e distinta; e però per attuarli fa d’uopo che la società abbandoni nelle vostre mani tutte le sue ricchezze, tutti i suoi diritti, che vi conceda illimitatissima podestà, acciocché voi possiate rigenerare l’umanità. Le vostre filantropiche pretese, è forza confessarlo, non sono piccole.

Fin qui la vittoria degli economisti è completa. Ma quando si trasporta la quistione sul suo vero terreno, cambiano le veci. I riformatori, a lor volta, dicono: Voi parlate di libertà e dignità dell’operaio? Quale libertà gli concedete voi se non quella sola di morir di fame? Quale sferza è più umiliante e più potente della fame, solo ed unico legame che aggioga il proletario al carro sociale? Quando i riformatori notano la profondità delle piaghe sociali, e la statistica alla mano, terribile scienza, contano in Parigi 360 mila persone immerse nella miseria, ed in tutta la Francia sette milioni e mezzo d’uomini che vivono con soli cinque soldi al giorno, e nel Belgio un milione e mezzo che vivono di pubblica beneficenza; quando spalancano innanzi ad essi quei tetri volumi delle ricerche fatte in Londra, delle condizioni dei poveri, quando scorgesi