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prietà di pochi mercanti. In una parola: se le condizioni e le relazioni sociali non mutano, il libero cambio facilita la concorrenza, e questa il monopolio di sua natura oligarchico; quindi facilita la tendenza delle ricchezze sociali a ridursi a poche mani, ed il crescere incessante dei mendichi e delle loro miserie.
Coteste verità che studiosamente si disconoscono fanno esclamare a Proudhon: «Il libero monopolio, è la Santa Alleanza dei grandi feudatari del capitale e dell’industria, è la mostruosa potenza che deve compiere su ciascun punto del globo l’opera cominciata dalla divisione del lavoro, dalle macchine, dalla concorrenza, dal monopolio, dalla polizia; schiacciare le industrie minori e sottomettere definitivamente il proletariato. È la centralizzazione su tutta la faccia della terra, è il reggimento della spoliazione e della miseria, è la proprietà in tutta la sua forza e gloria. È per conseguire l’adempimento di questo sistema che tanti milioni di lavoratori sono affamati, tante innocenti creature gettate dalla mammella nel niente, tante fanciulle e donne prostituite, tante riputazioni macchiate. E sapessero almeno gli economisti una uscita da questo laberinto, una fine di queste torture. Ma no, sempre mai come l’orologio dei dannati è il ritornello dell’apocalisse economica. Oh! se i dannati potessero ardere l’inferno!!...»
Nè qui si arrestano i mali, nè qui cessa il potere che hanno le leggi economiche sui destini sociali; esse informano, danno norma, indirizzano verso la stessa meta a cui esse tendono qualunque politica istituzione, eziandio quelle che sembrano volte a migliorare le condizioni delle moltitudini. Il governo vive delle gravezze pagate da’ cittadini, e queste, meno pochissime su taluni oggetti di lusso, tutte gravitano sui poverelli, sul minuto popolo che paga nella più gran parte, e più