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rogando le tendenze della moderna società, ma prima di tutto fa d’uopo porre in vista, e richiamare l’attenzione del lettore su di una grande verità che risulta da quanto testè abbiamo detto. Quale fu la cagione per cui presso i Magno-Greci all’antica purezza di costumi successero i vizi che li corruppero? Quale fu la cagione per cui tutte le cariche della repubblica, un tempo concesse dal popolo ai più degni, caddero nelle mani dei pochi ricchi, i quali ad altro non pensarono che ad avvilire e tiranneggiare il popolo, e godersi la podestà usurpata e le esorbitanti ricchezze? Quale fu la cagione per cui presso i Romani avvenne precisamente lo stesso? E quale la cagione che rinnovò il fatto nei comuni italiani? La cagione fu sempre la stessa: la cattiva distribuzione delle immense ricchezze che divisero la nazione in opulenti e mendichi; di qui tutti i mali accennati, e quella voragine spalancata in cui questi imperi sprofondarono. Quale fu la cagione per cui presso i Magno-Greci, i Romani, le ricchezze nell’accrescersi si sono sempre più ammassate fra un ristretto numero di cittadini, e la miseria della plebe è cresciuta in ragione diretta dell’aumento del prodotto sociale? La cagione è evidente, il diritto di proprietà, il diritto che dà facoltà a pochi di arricchirsi a discapito di molti, ma tale diritto è l’asse intorno a cui queste nazioni, queste società hanno compito il loro ciclo. Sofisti!... apologisti della proprietà, osereste negare quaranta secoli d’istoria? Sareste voi capaci di dimostrare che non fu la miseria della plebe e l’opulenza di pochi la sorgente di tutti i vizi che li distrussero; che la tendenza del prodotto sociale ad accumularsi in poche mani, e quindi cagionare la miseria della moltitudine, non sia una conseguenza inevitabile del diritto di proprietà?
III. Le rapide e numerose comunicazioni, che si aprono ogni giorno e traversano in ogni senso l’Europa,