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reciproco degli uomini. Come gli uomini, le famiglie, i vichi, i paghi per vantaggiare sè stessi si uniscono e formano le città, del pari vediamo le varie città formare le nazioni; e queste sotto l’imperio degli stessi moventi, formare gl’imperi. Quindi possiamo inserire che l’umanità ha una tendenza verso l’unità mondiale.

Nè questa è l’unica ragione, ma avvene un’altra non meno importante. La natura, quasi per confermare questa legge, ad ogni regione ha dato prodotti diversi, mentre il desiderio, ed il bisogno di giovarsene è lo stesso in tutti gli uomini della terra, i quali ricorrono alla forza, alla frode, al commercio, per fornirsi di ciò che difettano. Quindi è indubitato che un giorno, se il globo non formerà un solo ed unico stato, certamente la prosperità e la civiltà saranno uniformemente sparse sulla sua superficie. E come ne’ vichi, ne’ paghi, nelle città, nelle nazioni dai varii costumi e gerghi, nacque una pubblica opinione, ed una lingua comune, nella guisa stessa, un giorno vi sarà un’opinione ed una lingua mondiale1.

  1. Se tale fatto è una legge che si riscontra nell’ordine della natura, però immutabile, è un fatto altresì che questa opinione, questi costumi, questa lingua mondiale non sarà nè tedesca, nè francese, nè inglese, nè italiana. Supporre che il mondo abbia a parlare un giorno o francese, o tedesco, vale disconoscere l’origine delle lingue, e per stabilire la lingua da parlarsi universalmente, e da popoli che non balbettino gerghi, ma favelle illustrate da sterminate elaborazioni, e che narrano un passato ricco di gloriose vicende, e potentissime tradizioni, non varrebbero tutti i decreti del mondo. La lingua studiata, la lingua dei dotti, soggiace sempre alla preponderanza dei dialetti, e la lingua, come i costumi mondiali, sorgeranno dal rimescolamento sociale senza che nessuno degli elementi che ora esistono prevalga; la prevalenza suppone conquista, stato antirivoluzionario, violento, e però passaggiero. Si parlò forse fran-