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possono ottenersi tali risultamenti. D’altra parte, i grandi capitali fermandosi con accumulare in poche mani le ricchezze sociali, ne risulta come legge inesorabile, nella presente società, che il perfezionamento dell’industria s’ottenga a prezzo della quasi universale miseria; laddove, col nuovo patto sociale, la formazione dei grandi capitali si avrà, non già colla distruzione de’ piccoli, ma con l’associazione, che sarà la legge regolatrice della pubblica economia, come ora è la concorrenza.

Il bisogno che hanno i produttori di smaltire al più presto possibile la loro merce, la mancanza del denaro necessario alle spese di deposito e di trasporto, hanno fatto sorgere l’avida classe dei trafficanti, i quali lucrano ed arricchiscono a spese dei produttori e dei consumatori.

Questo bisogno del produttore di vender subito fa opportunità a costoro d’esercitare il monopolio, di affamare una città e procacciarsi vistosi lucri sul pane che i poverelli comprano col sudore della fronte. La concorrenza è quella che più d’ogni altra cosa favorisce l’incettatore; l’associazione l’uccide. Col nuovo ordine di cose le diverse società produttrici facoltosissime, non han bisogno di vendere prontamente le merci, e potranno avere magazzini, vascelli e giovarsi di ogni sorta di veicolo, onde, da sè medesime, o col solo mezzo del Banco di scambio, provvedere allo spaccio dei loro prodotti; e così con vantaggio grandissimo della società, spariranno i trafficanti, e con essi il monopolio.

Nella presente società gli incettatori comprano il grano ove abbonda e lo spediscono ove scarseggia, quindi in quel mercato ove essi comperarono, crescendo il prezzo del grano, il pane incarisce. Questo fatto protesta contro la libertà del commercio. Ma, vi rispondono i propugnatori del libero scambio: «s’introiterà