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regola, l’unica legge è la rivelazione che ci vien fatta da alcuni uomini in nome di questo Dio; questi uomini sono gli arbitri dell’umanità. La storia non ha più nesso, ma sono tanti fatti, manifestazioni della libera, e però mutabile, volontà di questo Dio. Ma quest’ipotesi scoraggiante e incomprensibile, questo Dio assurdo, imagine della dissoluzione sociale, sparisce, non appena dalla corruzione comincia a manifestarsi novella vita.

Stabilito che una sola debba essere l’ignota causa del moto, ci faremo a rintracciarne la legge; non già astraendo il nostro pensiero, e ricavando le conseguenze secondo i dettati della dialettica, ma seguendo da vicino i fatti, studiandoli accuratamente, e conoscendo così la legge con cui gli uni dagli altri procedono; non già cercando quale dovrebbe essere questa legge, ma quale è; non l’ideale, ma il reale.

Nell’universo scorgiamo armonia ed unità, tutto è regolato, il moto degli astri, il succedersi delle stagioni, il prodursi delle piante; tutto è l’effetto di una medesima forza attiva, la quale sospinge gli uomini al moto, e crea le loro diverse condizioni e relazioni, le diverse costituzioni della società; e però essendo la storia un effetto di questa forza, essa deve procedere secondo una regola, secondo una legge immutabile e necessaria.

La noia che esagera il fastidio del presente, la speranza che abbellisce oltre misura l’avvenire; ed in altri termini la necessità di soddisfare ai proprii bisogni, sospingono l’uomo al moto; dolore e piacere, suoi angeli tutelari, lo costringono a fermare la sua attenzione sugli oggetti circostanti. Ed in tal guisa da ogni sensazione, da ogni esperienza vien creata un’idea; se nulla v’è nell’esperienza, nulla v’è nella mente, ovvero come dissero i peripatetici: nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu.