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le ispirazioni del proprio genio, darsi a tutt’uomo, non già a calmare, ma a sfrenare per quanto può le passioni del popolo, e dando forma ai suoi desiderii, additargli il nemico. Colui che dopo tanti tristi e sanguinosi casi, che i popoli, nel fare transazioni e contentarsi di rimedii mezzani, patirono, in luogo di mirare alla riforma completa degli ordini sociali, broglia per afferrare una carica, o per donare i poteri a qualche suo idolo, e tutto fede spera che un uomo compia la rivoluzione, ammorzando l’effervescenza popolare, presenti il dorso al bastone della tirannide, egli altro non è che vilissimo schiavo, mascherato col saio del repubblicano.

Ci faremo ora a compendiare quanto dicemmo del passato e del presente, dei mali sociali e de’ rimedii, delle usurpazioni della tirannide e dei diritti della democrazia. Così rileveremo le provvidenze da prendersi, le riforme d’adottarsi.

Son quasi quattro secoli di schiavitù; e durante quest’epoca quanti inutili tentativi, quanto sangue inutilmente sparso!!! I popoli a noi vicini, dopo grandissimi sforzi non sono riusciti a migliorare la loro condizione. È dunque inutile l’insorgere? No. È questo un fatale cammino che il popolo è costretto a percorrere, onde dalle sanguinose esperienze venga condotta alla scoverta degli errori. Raccogliamo adunque i frutti del passato lavoro; gioviamoci di que’ fatti, e sia questa rivoluzione principio d’êra novella, e non già nuova esperienza utile a’ posteri, a noi dannosa.

Che cosa ha fruttato la moderazione? Patibolo, carceri, esilio. I nostri nemici sono inesorabili, ingordi; ad ottenere due gradi di libertà (se la libertà si ottenesse per gradi), e ad ottenerla intera ci è forza sostenere la lotta medesima. Perchè dunque arrestarci ai primi passi? La moderazione ci ha fruttato, forse, la