Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/226


— 210 —


Il sottostare a forza maggiore è necessità; il rinunziare volontariamente ad una parte o a tutta la libertà, non è prova di spiriti liberi, ma d’inclinazione al servaggio. Chi vende i proprii convincimenti ha cuore depravato, ma più libero di colui che volontariamente li abdica. Quello rinunzia alla libertà per un guadagno, patteggia col nemico, questi per indole; l’uno, trovando il suo meglio, saprà riacquistarle e valersene, l’altro eziandio volendolo, nol potrà fare. È vano il dire che sarà cosa pregievole rinunziarvi per amor di patria, imperocchè il sommo bene della nazione altro non è che l’assoluta libertà, che essendo costituita non dai limiti imposti alla libertà individuale, ma dal pieno sviluppo di essa, rinunziare alla propria libertà per accrescere quella della patria, è lo stesso che mutilarlo, per renderla intera; è un assurdo. Agli Italiani è mestieri di educarsi a libertà; ma educatori e libertà sono materie eterogenee che si escludono affatto. La libertà non può apprendersi; essa è sentimento, e nessuno può darci sensazioni non nostre. Per educarsi a libertà bisogna vivere, per quanto possiamo, liberamente; in tal guisa ognuno, educando sè medesimo, educa tutti, e tutti compiono l’educazione d’ognuno. Da ciò risultano spontanee le cospirazioni, le congiure, ma senza idoli, senza patroni, senza padri; niuno pretenderà comandare, come niuno si piegherà ad ubbidire. Se la nazione devierà ancora dalla linea retta, se ancora non è abbastanza assennata dall’esperienza, potranno de’ strani connubii, delle strane combinazioni aver luogo, ma essa non raggiungerà con questi mezzi la sua piena libertà e la grandezza a cui è destinata.

Additate le piaghe della società, i diritti di chi soffre, le usurpazioni di chi gode; dimostrata la necessità di estirpare fin l’ultima barba della presente co-