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esso sarà sul suolo d’Italia altra ragione oltre il cannone non v’è; cacciato d’Italia, compiuta la missione dell’esercito, allora solo pacatamente il Congresso potrà discendere a ragionare, non avendo il diritto di nulla stabilire senza il consenso della nazione.
Adunque questo Congresso non ha cariche od onori da conferire, non leggi da fare, non trattati da conchiudere, non eserciti da dirigere. È sua missione accusare al cospetto della nazione ed eccitare a riprendere il diritto sentiero quel Comune o quell’individuo il quale violasse i principii da noi stabiliti come base del patto nazionale; è sua incombenza il determinare, secondo la popolazione e la ricchezza d’ogni comune, la porzione contingente in uomini e denari con cui deve concorrere alla guerra, e così equamente ripartire i sacrifizii. È sua speciale opera raccogliere tutte le risorse materiali e dirigerle ove l’esercito il richiede, onde fornire incessantemente il campo. In tal guisa la nazione assolutamente libera, appresta in ogni comune tutte le sue forze; il congresso le raccoglie, e le invia all’esercito; questo, secondo la ragione di guerra, le dirige contro il nemico. Il congresso non è governo, ma centro su cui la nazione equilibrasi, verso cui tendono le sue forze, e vigile guardiano del patto nazionale. Esso può, in virtù di quelle medesime leggi, che gli danno vita e ne tracciano le funzioni, conferire a pochi individui o ad un solo, scelti dal suo seno o fuori, i proprii attributi, onde ottenere la massima energia nel disbrigo delle sue incombenze; basta che non abdichi mai il diritto inalienabile della loro revoca, e del sindacato su di essi. In questo solo modo può concepirsi in Italia l’unità degli sforzi, senza ledere in menoma parte la libertà.