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luzione, renderebbe inattuabile l’unità degli sforzi. Il fato che ha decretato per l’Italia la schiavitù o l’assoluta libertà con la grandezza che l’accompagna, ha reso impossibile la dittatura. Come supporre che tutta Italia s’inchinasse al potere assoluto surto dalle barricate di una città? Palermo, Napoli, Milano riderebbero degli ordini che si emanassero da Roma. Questa dittatura non solo dovrebbero combattere gli stranieri, ma per unificare l’Italia dovrebbe conquistare i varii stati e tenerli soggetti, fare in un mese assai più di quello che l’antica Roma non fece in sei secoli. Quale erroneo giudizio dell’indole del paese!!
Dimostrata l’assurdità di tale concetto, e come in esso senza vantaggio veruno si riscontrino tutti gli inconvenienti e tutti i rischi della tirannide, e come le tradizioni e l’indole del paese sieno con esso riluttanti, ora verremo a discorrere di quello che bisogna sostituirvi. Lo stato presente d’Italia, il fine a cui tendiamo, i sacri principii che emergono dalle leggi di natura, determinano recisamente la forma e le attribuzioni del potere, che dovrà amministrare gl’interessi della nazione durante la lotta.
Le diverse condizioni in cui trovansi i diversi stati non solo, ma le diverse città d’Italia, rendono quasi impossibile un insorgere simultaneo; ed eziandio che, per una favorevole circostanza ciò avvenisse, non in un tratto, ma successivamente ne verrebbe sgombro il suolo da’ nemici. Quindi è forza che non già l’Italia tutta, ma una parte di essa, debba, prima che le altre, inalberare la bandiera comune, e nominare un maestrato, non municipale, ma italiano. Questi italiani, primi ad essere liberi, che dovranno al caso o alle loro speciali circostanze l’iniziativa, non potranno certamente pretendere che la nazione intera confermi o si sottometta al potere da essi eletto. Tale pretesa non