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cedere di fronte alle conseguenze ignote de’ principii da essi propugnati. Guai se essi si accostano alla spregevole schiera de’ così detti moderati, se si atteggiano da rivoluzionarii, da riformatori, da amici de’ popoli, perchè si fanno a sostenere alcune franchigie che servono a riempiere le loro casse e soddisfare la loro bassa e puerile vanità. Il rivoluzionario di buona fede sospinge lo sguardo sulle moltitudini, e non mira che al trionfo della vera democrazia. Discendere alla benchè minima transazione è un rinnegare la rivoluzione; come la minuta polve che il turbo solleva, o poggiasi sulla corona de’ re e sulle eccelse torri, o pure ricade sotto i piedi dei passanti, così il minuto popolo o acquista pieni ed interi i suoi diritti, o ritorna turba di vilissimi servi derisi con pomposi nomi. Quando non mirasi al trionfo d’una setta, o d’una classe di cittadini, il mezzo termine, qualunque esso sia, tronca i nervi della rivoluzione e l’uccide.

Finalmente agli spiriti rimessi e timidi, a cui è spavento l’assoluta libertà, e che chiedono programmi e nome, risponderemo che il programma già esiste. Siete voi rivoluzionarii? mirate al trionfo della vera democrazia? In tal caso per voi non può esservene altro che gli aforismi di cui ragionammo nel terzo capitolo. Se pretendete limitarne, nella benchè minima parte, il significato, cesserete d’essere rivoluzionarii, non sarete che opportunisti o faziosi.

XVII. Fatto studio sul modo con cui la nazione elabora le idee ed opera onde prorompere all’azione, è mestieri segnarne, supposto iniziato il moto, le prime orme. I principii da cui bisogna prender norma, sono quei medesimi accettati da’ rivoluzionarii; quindi ognuno altro non dovrà fare che mostrarsi consentaneo a sè medesimo, e respingere qualunque misura, comunque temporanea, che li leda nella benchè minima parte.