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mostriamo il cammino. Se il despotismo promette come premio di loro rassegnazione i beni celesti, il rivoluzionario, con la spada della vendetta e la bilancia della giustizia, dovrà promettere beni terreni ed immediati, additando il modo come conquistarli. Esploriamo ogni piaga sociale, richiamiamo su di essa la pubblica attenzione, ed additiamo un solo mezzo come rimedio: la conquista della patria, ma non già di un pomposo nome e di vani diritti, ma la conquista del suolo della nazione e di quanti prodotti vi esistono. Ognuno diventi un Socrate, in piazza, ne’ trivii; al deschetto del ciabattino, al pancone del falegname, si faccia ad interrogare quelle rozze menti e le conduca passo passo alla scoverta della verità. Io sono simile a mia madre, diceva Socrate figlio di una levatrice, non creo nulla, ma aiuto gli altri a produrre. È questo il solo mezzo di rischiarare, in parte, la mente del popolo, di educarlo, e non già tenendolo a forza nelle scuole, stampando libri che esso non legge. Ma neppur questo mezzo medesimo di propaganda volgare, ed adatto alla sua intelligenza, e che trae argomento dai suoi più pressanti bisogni, neppur esso è bastante a conseguire lo scopo desiderato.

La plebe non si lascia convincere che dai fatti, ma la propaganda di cui discorremmo, elabora, fra un numero ragguardevole di giovani, la conoscenza dei diritti che ad ogni uomo accorda la natura; e codesti giovani, appena il popolo, sotto la sferza del dolore si precipita nel moto e dubbioso non sa ove dirigere gli attacchi e come colorire i desiderii, facendosi tutti oratori di circostanza dureranno pochissima fatica a far loro comprendere quello che in un secolo di calma ed in mille volumi non avrebbero mai appreso dai dottrinanti. Non già la profonda dottrina richiedesi in cotesti oratori, ma forza di carattere che non li faccia retro-