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potete inferirne che la nazione inclinasi allo splendore guerresco ed alla forza; se volontariamente lasciasi reggere da uomini inetti e corrotti, la nazione declina. Facciamo fine alla disgressione, per ritornare al Comitato.

Il concetto, non solo il finale, ma le prime linee dell’avvenire, mancavano all’Italia. Le questioni di unità e di federazione pendevano incerte, nè sono ancora risolute. Per unità s’intende la francese, per federazione quella adottata nell’Elvezia o nell’America. L’opinione prevalente senza dubbio è l’unitaria; ma i fatti danno ragione ai federalisti; nei passati rivolgimenti fu impossibile tradurre in atto il concetto. Roma, Firenze, Genova, Venezia, Palermo furono libere; e ad onta degli sforzi fatti dal partito unitario, non si unirono. Il modo come operare ne’ primi istanti d’un’insurrezione incertissimo; gli Italiani, vittoriosi in una città, non sanno come governarsi, non sanno quale sia il prossimo avvenire che li attende. Da ciò la deificazione de’ nomi; «insurgiamo, concediamo al tale tutti i poteri, ed egli penserà al resto.» Strana e ruinosa aberrazione è questa. Per essa si rinunzia alla libertà con tanti sacrifizî acquistata; si ammorza l’esaltazione; e noi che manchiamo di un prossimo e splendido passato, epperciò manchiamo d’uomini, e fondiamo sugli uomini il nostro avvenire!! Questi dubbi, questi errori, in luogo di venir attenuati con un esteso lavoro di propaganda, furono dal Comitato nazionale confermati.

La propaganda rivoluzionaria in Italia, pel numero dei nemici, per le varie divisioni politiche, per le sentite e numerose tradizioni municipali, è lavoro difficilissimo, che solo la potente voce della nazione può compiere. E questa voce solenne viene espressa da ogni italiano, che parla, scrive, opera come meglio crede, in un campo libero e non già angustiato dalle tiranniche esigenze dei governi e delle sette. Dalle discordi