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adattati all’epoca, ma più esposti agli attacchi dei governi. La cospirazione del 33 è soffocata al nascere; la spedizione di Savoia, come doveva, abortì. Nel 41 l’Aquila e la Civita di Penne rimangono isolate. Nel 43 il movimento doveva essere vasto, non iscoppiò; i Bandiera, se non estranei alla cospirazione, lo erano almeno per quella regione, ove sbarcarono; e ne furono le vittime. Attraverso a tali esperienze, e sacrificando numerosi e nobili martiri, l’Italia compiva la sua propaganda; di fatti non di parole. Dietro i fatti sempre tardi, sempre incerti sorgono gli scrittori. I primi scrittori cominciarono per rinnegare le nostre tradizioni: Mario Pagano aveva già dimostrato come arti, scienze, industria, tutto emerga dalla vita politica dei popoli. Romagnosi aveva raccolto tutto lo scibile umano nella filosofia civile, la scienza del cittadino: ed essi, invece, si dissero letterati, e si dichiararono estranei alla politica. «Voi siete, diceva loro Mazzini, prosatori, verseggiatori, pedanti, non mai cittadini.» Epperò con Mazzini e Guerrazzi comincia la letteratura italiana ad assumere un nuovo carattere. Ma i loro scritti in Italia sono soppressi sul nascere, e la voce d’Italia non può sentirsi che fuori d’Italia. Allora gli scrittori, per ottenere il favore alle loro dottrine, si rivolsero ai principi, sperando eziandio di aver un nuovo e saldo appoggio alle loro speranze. Eglino riassumevano le passate esperienze, dichiarando nostri nemici gli stranieri, impotenti le cospirazioni: d’onde le dottrine di Gioberti, di Balbo, «l’Italia deve far da sè, uniamoci tutti popoli e principi; — eziandio i gesuiti», scriveva il Balbo.
I rivolgimenti del 48 ebbero precisamente questo carattere; tutto il popolo che si agita, i principi sono travolti nel turbine, ed al termine di questa nuova fase succede una disfatta; ed un nuovo ammaestra-