Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/182


— 166 —

Allorchè il popolo insorge, i soldati potrebbero fargli il medesimo rimprovero; nulla giustifica il fratricidio; è a Dio, secondo la vostra dottrina, il punire i colpevoli. Ma la digressione sulla fratellanza è già lunga e noiosa; — riprendiamo il filo delle idee, e continuiamo il ragionamento sul Comitato Nazionale.

Tutti coloro che speravano il risorgimento per mezzo delle forze della nazione, e non altrimenti, applaudirono unanimemente all’instituzione del Comitato Nazionale. Tutti rivolsero lo sguardo a questo nuovo faro; tutti fidavano nella candida fama degli uomini che lo componevano, guarentigia solenne della rettitudine di loro intenzioni. Il comitato non ebbe in suo potere alcun mezzo per farsi riconoscere, anzi v’era la minaccia di prigionia e d’esilio contro chiunque facessegli adesione. E nondimeno le adesioni furono numerosissime; prova incontrastabile di sua legittimità. Si confortarono le speranze, e generale era l’aspettativa. Il comitato esordì col prestito nazionale, e comechè il risultamento non abbia corrisposto alle speranze, fu un atto logico e necessario. Sarebbe stato follia sperare di più; ottenere denaro è cosa più difficile che ottenere combattenti; ed in simile circostanza trattavasi di sborsarli correndo rischi gravissimi. La fama ne’ membri del comitato prestavasi egregiamente ad ogni operazione finanziaria, come quella superiore ad ogni villano attacco, che si potesse muovere in materia d’interesse. Egli è cosa indispensabile per determinare quale avrebbe dovuto essere la condotta del comitato nazionale, il rendersi conto esatto dello stato in cui trovavasi il popolo italiano alla caduta di Roma. E poichè gli individui giudicar non si possono dalla vita monotona ed abituale a cui le circostanze li costringono, ma bensì da certi rarissimi momenti ne’ quali tutta e libera mente manifestano la forza della loro tempra, così i