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come dice Vico, quel giudizio, che senz’alcuna riflessione viene comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutto il genere umano, ed il delegarla è un assurdo, come sarebbe quello di delegare la propria sensibilità; essa è inalienabile, risiede nell’intera nazione, nè mai può essere legittimamente rappresentata da una parte di essa. Le leggi di natura, sotto pena di gravissimi mali, proibiscono il comandare del pari che l’ubbidire. Un popolo, che per esistere più facilmente delega la propria sovranità, opera come uno, che, per meglio correre, legasi gambe e braccia. Da queste verità emergono i seguenti principii, che fanno seguito a quelli già stabiliti.

4.º Le gerarchie, l’autorità, violazione manifesta delle leggi di natura, vanno abolite. La piramide — Dio, il re, i migliori, la plebe — adeguata alla base.

5.º Come ogni italiano non può essere che libero ed indipendente, del pari dovrà esserlo ogni comune. Come è assurda la gerarchia fra gl’individui, lo è fra i comuni. Ogni comune non può essere che una libera associazione d’individui, e la nazione una libera associazione dei comuni.

Intanto molti ostacoli materiali e morali vietano in molte occorrenze le funzioni della sovranità. I principii stabiliti, conseguenza delle leggi di natura, non sono che il primo ordito degli ordini sociali e non bastano: bisogna discendere a determinare i varii rapporti che dovranno essere d’accordo con essi. In questa laboriosa ricerca, la nostra natura, vinta dal costume, e, smarrita nel suo corso, ad ogni passo cade nell’errore; quindi richiedesi una continuità d’attenzione, una serie di ragionamenti, cose per le moltitudini impossibili, e soventi mancherebbe il luogo e il tempo, onde far agio a sì numerosa assemblea di riunirsi e deliberare.